Arteka: Selina Sedilia di Bret Harte

20 maggio 2008

Selina Sedilia di Bret Harte


Il sole calava sopra il castello di Shoperton, tingendo di rosso le finestre della camera isolata nella torre ovest , che si diceva fosse frequentata dal fantasma di Sir Edward Sedilia, edificatore del maniero. In lontananza, quasi evanescente, sorgeva il mausoleo dorato di Lady Felicita Sedilia, la quale continuava ad occupare quella parte del podere nota come “Campo del Morto”. Un po’ a sinistra del castello si scorgeva il rudere fatiscente del “Maschio di Guido”, torrione occupato da secoli dallo spettro di Sir Guy Sedilia, il quale fu rinvenuto cadavere, una mattina, schiacciato da una merlatura precipitata dall’alto. Eppure, mentre il sole calante dorava tali mesti oggetti, il castello stesso pareva come immerso in una calma dolcissima e quasi sacrale.

Lady Sedilia stava seduta accanto a una finestra a bovindo prospiciente il parco. Il sole sprofondava dolcemente nel Mare del Nord; ma la nobildonna ancora non alzava la testa davvero bellissima dalla manina e dal braccio così ben tornito che la sostenevano. Solo quando il buio si fu finalmente impadronito del paesaggio come un sudario, ella trasalì: si udiva il rumore degli zoccoli di un cavallo risuonare sui ciottoli del viale sottostante. Lady Selina ebbe appena il tempo di alzarsi che un giovane dall’aspetto aristocratico si buttava in ginocchio ai suoi piedi.

-Selina mia!
-Edgardo! Tu qui?
-Sì, mia cara.
-E…non…hai…visto…nulla?- chiese la donna con voce turbata e con gesti pieni di apprensione, distogliendo lo sguardo per nascondere l’emozione.
-Nulla: cioè nulla che valga la pena di raccontare,- rispose Edgardo. –Certo, ho incrociato il fantasma di tua zia nel parco, notato lo spettro di tuo zio nel torrione in rovina e osservato i tratti familiari dello spirito del tuo bisnonno nella sua postazione. Ma a parte queste inezie, nulla, Selina mia. Nulla più mia cara: proprio nulla.
Il giovane girò affettuosamente gli occhi scuri e liquidi sul volto ingenuo della promessa sposa.

-Edgardo mio! E mi ami ancora? Ancora mi sposeresti nonostante questo cupo mistero che mi circonda? A dispetto della storia fatale della mia stirpe? Malgrado i sinistri presagi della centenaria mia nutrice?
-Certo mia cara, - e li giovane passò il braccio intorno alla vita di lei. I due innamorati si guardarono con felicità beata, inesprimibile. D’un tratto Selina trasalì.

-Lasciami, Edgardo! Lasciami! Un che di misterioso, un fatale presentimento, una cupa ambiguità, un sospetto equivoco, mi opprime. Vorrei essere sola!
Il giovane si alzò, con uno sguardo pieno di amore per la dama.
–Allora ci sposeremo il giorno diciassette.
-Già il diciassette, - ripeté lei, con un fremito inspiegabile.
Si abbracciarono e si accomiatarono. Appena svanito il rumore degli zoccoli nel cortile, Lady Selina si accasciò nella poltrona da cui si era testé alzata.
-Il diciassette,- ripeté lentamente con il medesimo fremito fatale.–Ah!E se lui venisse a sapere che ho già un marito vivo e vegeto? Oserò mai rivelargli che ho due figli legittimi e tre naturali tutti vivi? Oserò raccontagli la storia della mia giovinezza? Oserò confessagli che all’età di sette anni ho avvelenato mia sorella, mettendo del verderame nella sua tortina alla crema, che a dodici ho buttato il mio cuginetto dall’altalena? Che la cameriera personale la quale rea incorsa nel mio infantile corruccio giace ora sul fondo dell’abbeveratoio per cavalli? No! No! È troppo puro, troppo buono, troppo innocente, per sorbirsi simili discorsi!- fremette con tutto il suo corpo in un parossismo di dolore.

Ma ben presto si calmò. Alzandosi di nuovo in piedi fece scorrere un pannello segreto, che rivelò una miccia pronta per l’accensione.–Questa miccia, - disse Lady Selina, - è collegata con una mina posta sotto la torre ovest dove vivono confinati i miei tre figli. C’è poi una diramazione che finisce sotto la chiesa parrocchiale, entro le cui mura è custodito il registro con il certificato del mio primo matrimonio. Basta che accenda la miccia e l’intera mia vita di prima sarà spazzata via!- si avvicinò alla miccia con una candela accesa.

Ma in quell’istante una mano di posò sul di lei braccio; con un grido acuto di terrore Lady Selina cadde in ginocchio al cospetto del fantasma di Sir Guy.
-Ferma, Selina,- ordinò lo spettro con voce cavernosa.
-E perché?- rispose la dama, ritrovando il coraggio.–Voi conoscete il segreto della nostra stirpe o no?

-Lo conosco. Credimi: nulla ho in contrario alle eccentricità della tua giovinezza. Mi è ben noto il tremendo destino che ti ha perseguitata, portandoti ad avvelenare tua sorella ed ad annegare la cameriera. Conosco la maledizione paurosa che io stesso lanciai su questa casa. Ma se tu dovessi disfarti così di quei pargoli…
-E allora?- chiese Lady Selina come per fagli fretta.
-Loro ti perseguiteranno!

-Ebbene, io non li temo,- disse la dama, ergendo la propria nobile figura in tutta la sua maestà.

-Ma quale luogo frequenteranno, da morti? Il torrione fatiscente è occupato dallo spirito di tuo zio. Tua zia monopolizza il parco, e , mi sia consentito di dire non di rado sconfina in campo altrui. Lo stagno dei cavalli è territorio della tua cameriera; mentre la tua sorella assassinata frequenta i corridoi di questo castello. Per essere chiari, non c’è posto a Shoperton per un altro fantasma. Non posso ospitarli io in camera mia – sai che non mi piacciono i bambini. Pensa a ciò che ti dico fanciulla avventata e ferma la tua mano! Vorresti tu, o Selina, - concluse mestamente l’apparizione – costringerlo spettro del tuo bisnonno a cercarsi un alloggio altrove?
La mano di Lady Selina tremò; la candela scivolò dalle sue dita ormai inerti.
-No! – gridò ella con passione. – Mai! – e con ciò cadde sul pavimento priva di sensi.

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