Quando si parla di colore si evocano sensazioni, emozioni e ricordi.
La percezione dei colori, la loro pratica costante nella religione, nell'arte, nella scienza e nella magia; il problema della loro descrizione è stato oggetto di indagine teorico pratica sin dall'antichità. Già nell'antico Egitto l'uso sociale e rituale del coloro era frutto di speculazioni teologiche; nel mondo greco filosofi come Platone e Aristotele formularono una serie di ipotesi relative ai problemi fisici e molari del colore; i Romani sfruttando le conoscenze delle culture precedenti per migliorare l'uso dei colori in tecniche pratiche soprattutto nella tintura dei tessuti, degli smalti, dei vetri e della pittura.
Nel corso dei secoli i colori assunsero valori simbolici nei riti magico-religiosi. Il colore diventa così uno strumento di congiunzione tra la specie umana e le molteplici e differenti culture che essa ha prodotto. Gli studiosi del simbolo si rivolgono al colore come a un modello originale, indipendentemente dall'evoluzione storica, per evidenziarne l'universalità.
Jung sosteneva che il colore possiede un significato più ampio, inconscio, che non è mai stato definito o completamente spiegato. Quando la mente ne esplora il simbolo viene portata in contatto con idee che stanno al di là delle capacità razionali.
Nell'antichità più una società era stabile e strutturata, più l'uso sociale del colore, dei suoi codici e del suo simbolismo era rigidamente stabilito; per millenni quindi la produzione artistica dell'antico Egitto e delle civiltà mediterranee rimase immutata. Con l'avvento del Neoclassicismo si perseguì un grande scempio spogliando definitivamente l'antichità dei suoi colori.
Comunque il colore rimase lo strumento espressivo artistico, magico e religioso più conosciuto e diffuso presso i popoli di tutte le religioni. Si conosce dell'uso magico e rituale delle sostanze coloranti già al tempo dell'uomo di Cro-Magnon. Sin all'inizio vasi, suppellettili, armi, gioielli e ogni altro oggetto d'uso rituale o quotidiano erano vivacemente dipinti, nonché la consuetudine di una cosmesi multicolore sia per l'uomo che per la donna.
Le pitture delle tombe, riuscendo a superare la prova dei secoli, conservano le tinte brillanti con cui sono state affrescate: l'azzurro dei lapislazzuli, il rosso dell'ossido di ferro, il nero del carbone, e illustravano momenti di vita terrena, gioco, banchetto, danza e sport.
Anche nei vestiti il colore assumeva un ruolo fondamentale: a seconda del colore dell'abito o del trucco, sia di uomini che donne, distingueva lo stato sociale, la professione o il livello di ricchezza. Il caso più eclatante succedeva in giappone, dove i ricchi cortigiani e più tardi le donne si dipingevano i denti di nero come indicazione del loro stato sociale.
Quindi il colore assolveva non solo una funzione decorativa ma anche magica. L'utilizzo dell'oro come simbolo del sole, dell'argento per la luna, del rosso per il sangue e quindi la vita; questi simboli si trasformarono in attributi di divinità, di pianeti, di forze della natura. Nelle operazioni magiche divennero portatori delle virtù che rappresentavano: l'oro in quanto simbolo di eternità veniva considerato capace di rendere incorruttibili i corpi; l'ematite rossa venne considerata una sostanza vivificatrice tanto che era preferita nei rituali funebri e così via...
L'uso esoterico dei colori, creduti quindi veicoli di virtù magiche e simboliche, fu riservato sempre a una ristretta cerchia di persone e regolato da canoni severi e, per ogni cultura, immutabili. La colorazione di amuleti, oggetti sacri, fino alle tavole e alle pitture parietali non era separabile dal contesto religioso-magico.
Anche nell'alchimia, il cui pensiero si fonda sull'esplorazione di leggi sottili che regolano la materia, il colore ha un ruolo fondamentale per comunicare i precetti e i mezzi necessari per dominio della materia stessa. Il significato archetipico dei colori è insito nella conoscenza di una natura che include anche l'uomo e quindi universale.
La percezione dei colori, la loro pratica costante nella religione, nell'arte, nella scienza e nella magia; il problema della loro descrizione è stato oggetto di indagine teorico pratica sin dall'antichità. Già nell'antico Egitto l'uso sociale e rituale del coloro era frutto di speculazioni teologiche; nel mondo greco filosofi come Platone e Aristotele formularono una serie di ipotesi relative ai problemi fisici e molari del colore; i Romani sfruttando le conoscenze delle culture precedenti per migliorare l'uso dei colori in tecniche pratiche soprattutto nella tintura dei tessuti, degli smalti, dei vetri e della pittura.
Nel corso dei secoli i colori assunsero valori simbolici nei riti magico-religiosi. Il colore diventa così uno strumento di congiunzione tra la specie umana e le molteplici e differenti culture che essa ha prodotto. Gli studiosi del simbolo si rivolgono al colore come a un modello originale, indipendentemente dall'evoluzione storica, per evidenziarne l'universalità.
Jung sosteneva che il colore possiede un significato più ampio, inconscio, che non è mai stato definito o completamente spiegato. Quando la mente ne esplora il simbolo viene portata in contatto con idee che stanno al di là delle capacità razionali.
Nell'antichità più una società era stabile e strutturata, più l'uso sociale del colore, dei suoi codici e del suo simbolismo era rigidamente stabilito; per millenni quindi la produzione artistica dell'antico Egitto e delle civiltà mediterranee rimase immutata. Con l'avvento del Neoclassicismo si perseguì un grande scempio spogliando definitivamente l'antichità dei suoi colori.
Comunque il colore rimase lo strumento espressivo artistico, magico e religioso più conosciuto e diffuso presso i popoli di tutte le religioni. Si conosce dell'uso magico e rituale delle sostanze coloranti già al tempo dell'uomo di Cro-Magnon. Sin all'inizio vasi, suppellettili, armi, gioielli e ogni altro oggetto d'uso rituale o quotidiano erano vivacemente dipinti, nonché la consuetudine di una cosmesi multicolore sia per l'uomo che per la donna.
Le pitture delle tombe, riuscendo a superare la prova dei secoli, conservano le tinte brillanti con cui sono state affrescate: l'azzurro dei lapislazzuli, il rosso dell'ossido di ferro, il nero del carbone, e illustravano momenti di vita terrena, gioco, banchetto, danza e sport.
Anche nei vestiti il colore assumeva un ruolo fondamentale: a seconda del colore dell'abito o del trucco, sia di uomini che donne, distingueva lo stato sociale, la professione o il livello di ricchezza. Il caso più eclatante succedeva in giappone, dove i ricchi cortigiani e più tardi le donne si dipingevano i denti di nero come indicazione del loro stato sociale.
Quindi il colore assolveva non solo una funzione decorativa ma anche magica. L'utilizzo dell'oro come simbolo del sole, dell'argento per la luna, del rosso per il sangue e quindi la vita; questi simboli si trasformarono in attributi di divinità, di pianeti, di forze della natura. Nelle operazioni magiche divennero portatori delle virtù che rappresentavano: l'oro in quanto simbolo di eternità veniva considerato capace di rendere incorruttibili i corpi; l'ematite rossa venne considerata una sostanza vivificatrice tanto che era preferita nei rituali funebri e così via...
L'uso esoterico dei colori, creduti quindi veicoli di virtù magiche e simboliche, fu riservato sempre a una ristretta cerchia di persone e regolato da canoni severi e, per ogni cultura, immutabili. La colorazione di amuleti, oggetti sacri, fino alle tavole e alle pitture parietali non era separabile dal contesto religioso-magico.
Anche nell'alchimia, il cui pensiero si fonda sull'esplorazione di leggi sottili che regolano la materia, il colore ha un ruolo fondamentale per comunicare i precetti e i mezzi necessari per dominio della materia stessa. Il significato archetipico dei colori è insito nella conoscenza di una natura che include anche l'uomo e quindi universale.
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