L'entrata del Sole nella costellazione dell'Ariete coincide con l'equinozio di primavera; il geroglifico del segno, oltre a rappresentare la testa stilizzata dell'ariete con le sue corna possenti, è identico alla lettera greca gamma e infatti l'equinozio di primavera è detto anche punto gamma.
Questo simbolo grafico rappresenta il germoglio del grano o la stilizzazione dei genitali maschili (con il segno dell'ariete inizia il risveglio della natura, la cui forza creatrice propulsiva ha un'indubbia attinenza con la facoltà generatrice maschile e infatti il pianeta dominante del segno è Marte, il latino Ares).
L'Ariete è il segno in cui l'energia vitale esplode e da questo magma indifferenziato si attiva una forza liberatrice e distruttiva al tempo stesso, non a caso è il primo segno di Fuoco dello Zodiaco, in latino fuoco si dice ignis ed è chiara la connessione con il termine sanscrito agni (fuoco), a cui possiamo accostare, anche se solo a livello fonetico, un'altra parola latina: agnus (agnello, in sostanza il piccolo dell'ariete).
Molte popolazioni che anticamente vivevano nel bacino del Mediterraneo celebravano nel periodo in cui il sole transita nel segno dell'Ariete un rito di primavera in cui veniva sacrificato e mangiato un agnello (in particolare lo facevano gli ebrei e sappiamo che i Sumeri chiamavano il mese con cui inizia la primavera mese dell'agnello); nell'Ariete esiste infatti anche una valenza di "sacrificio".
Nel Neolitico, l’ariete, come primo animale addomesticato, divenne sacro alla Dea Uccello, una delle rappresentazioni della Grande Dea, seguito dal simbolo del vello e dall’associazione della Dea con la tessitura e la tosatura. Risale forse a questo periodo l’origine della Dea Dispensatrice di Vita e di Nascita come Fato, poiché decide la durata della vita, come filatrice, tessitrice della stessa esistenza umana. A volte l’animale della Dea compare nelle rappresentazioni al suo posto o ha fattezze fuse con le sue: questa ibridazione ha portato alla creazione di immagini mitiche.
Vengono raffigurati arieti alati o uccelli con corna di ariete, spesso su sigilli tardo – minoici a Creta, mentre il serpente con la testa di ariete è il più significativo e caratteristico degli animali di culto celtici (Anne Ross). Il ruolo dell’ariete nel mito non scompare nella successiva epoca indoeuropea, malgrado alcune trasformazioni. L’ariete divenne un animale sacrificale per le nuove divinità maschili dominanti, come Zeus. Nell’antica Grecia però mantenne il ruolo tradizionale, diventando sacri alla dea Atena. Nei racconti popolali l’Ariete era dotato di poteri magici.
Nella mitologia greca troviamo la simbologia più pertinente al significato archetipo dell'Ariete: il mito del Vello d'Oro e quello degli Argonauti.
Nel primo mito il protagonista è il giovane Frisso, che per sfuggire alle persecuzioni della sua matrigna, chiede aiuto alla madre Nefele, dea delle nuvole, la quale gli procura un ariete dal vello speciale, poiché e tutto d'oro e ha dei poteri magici ed egli se ne serve per fuggire con la sorella Elle, a cavallo dell'ariete, che ha fra le sue facoltà quella di poter volare; purtroppo, durante il lungo tragitto, Elle perde la presa e precipita in mare, Frisso non può nulla per salvarla dal suo destino e prosegue sconsolato il suo viaggio solitario fino ad arrivare in una terra sconosciuta, in cui immola a Giove l'ariete dal vello d'oro a scopo propiziatorio.
Il mito degli Argonauti vede invece Giasone, eroe greco compatriota di Frisso, impegnato in una difficile impresa per riportare in patria il vello d'oro, rimasto in terra straniera. Giasone riesce ad impadronirsene dopo una serie di vicissitudini solo grazie all'aiuto di Medea, figlia del re a cui appartiene ora il vello, ma anche maga e sacerdotessa, che, innamoratasi follemente di lui, gli offre il suo aiuto, a patto però che lui la prenda come sposa e la porti con sé in patria. Giasone accetta, ma, ottenuto quello che vuole, non vorrebbe più tenere fede all'impegno preso; Medea riesce comunque, grazie a un filtro magico, a farsi portare con lui, ma la storia ha un epilogo tragico: la passionale Medea si vendica, sentendo che il suo amore non è ricambiato, uccidendo prima la donna amata da Giasone e poi i suoi figli.
In entrambi i miti ravvisiamo i simboli psicologici riferibili al significato astrologico del segno zodiacale dell'Ariete: la spinta dell'essere umano, che, distaccandosi dalle figure genitoriali e dalla sicurezza di una terra conosciuta, si avventura verso l'ignoto alla ricerca di sé stesso, con un ardore e con un'impulsività (tratto peculiare dei nati sotto questo segno) che non lascia spazio ad una trasformazione consapevole di sé, ma spinge l'individuo verso l'ignoto, guidato solo dalle suggestioni della sua natura passionale.
Fino al XX secolo in Lituania, a primavera, si seppellivano statuette di ariete per ottenere felicità e benessere, in ricordo di un antico rituale. Ancora oggi in Britannia, il primo di maggio o il lunedì di Pentecoste si festeggia con l’arrosto di ariete; la Dea della mitologia basca veniva rappresentata in groppa ad un ariete, a volte, mentre fila matasse di filo dorato usando le sue corna come spole.
Come simbolo dell’avvio di un nuovo cielo stagionale, gli Egizi videro nelle stelle della costellazione dell’Ariete la Fenice, l’uccello che rinasce continuamente dalle proprie ceneri.
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