Apollo era il figlio di Latona (Leto) e di Giove, la notte e il cielo; dal buio della notte sorgeva lui, il dio del Sole, per rischiarare il Cielo e la Terra, e quindi rituffarsi, con il suo carro trainato da bianchi cavalli alati, nelle onde del mare all’orizzonte d’occidente.
I greci lo chiamavano Helios, Sole. Era bellissimo e forte, e sin da bambino se la seppe cavare bene anche nelle tecniche di difesa personale: aveva quattro giorni quando fu assalito dal serpente Pitone, mandatogli contro dalla gelosa Giunone, che vedeva in lui il frutto illegittimo di una scappatella di Giove.
Apollo era stato allevato con nèttare, il cibo delle olimpiche divinità, e non gli fu difficile avere il sopravvento sul serpente Pitone, la cui pelle andò poi a ricoprire lo scanno della Sibilla nel tempio di Delfi dedicato, appunto, ad Apollo; e dette alla veggente l’appellativo di Pitonessa o Pizia.
Per l’uccisione di Pitone, però, Apollo dovette affrontare un lungo periodo di esilio sulla terra, fra i mortali, e per nove anni si rassegnò a fare il mozzo di stalla in una scuderia di reali cavalli.
Uno dei più grandi dei sia del Panteon greco che romano, era il dio del vaticinio e della divinazione, il dio delle arti, in particolare della musica e le Muse dipendevano direttamente da lui; era anche un dio arciere come la sorella Artemide. Poteva abbattere su un paese un’epidemia così come guarirla perché era il patrono della medicina.
Era il protettore dei pastori, benché fosse anche amico del loro principale nemico, il lupo. Forse non è di origine greca; veniva chiamato “febo”, il brillante, come dio del Sole. Veniva rappresentato su un carro di fuoco, trainato da cavalli, mentre attraversava il cielo. Quando la madre, la Titanessa Leto, cercava un luogo tranquillo dove partorire i figli di Zeus che portava in grembo, tutta la terra rifiutava di accoglierla per timore della collera di Era, o forse perché ricusava l’onore di essere il luogo di nascita di due dei così grandi dei.
Solo Delo accettò, perché non era davvero una terra, ma un’isola galleggiante. Apollo si sviluppò molto rapidamente, poiché la dea Temi lo nutriva con nettare ed ambrosia; in qualche giorno raggiunse la corporatura di un uomo adulto, così lasciò Delo alla ricerca di un luogo adatto per fondare la propria sede oracolare. Lo stabilì a Delfi, il cui nome delphis significa ventre; il sacro collegio di Delfi affermava infatti che fosse il ventre o il centro della Terra. Divenne l’oracolo più famoso del mondo greco e venivano a consultarlo da molto lontano.
Omero ci informa che Apollo dava la morte agli uomini e Artemide alle donne, inviando loro le “dolci frecce della morte”. La sua funzione di dio della guarigione (a motivo del quale veniva confuso con il dio Peone), venne trasmessa a suo figlio Ascepio.
Come dio della musica inventò il liuto o la cetra, e ricevette dalle mani del suo fratellastro Ermete la lira (la storia è nel capitolo di Mercurio). Un giorno il satiro Marsia ebbe l’ardire di sfidare il dio a una gara musicale. Apollo sapeva suonare la sua lira sia dritta che rovesciata e si aggiudicò la vittoria. Erano d’accordo che il vincitore avrebbe deciso il trattamento da infliggere al vinto e Apollo volle che Marsia fosse scorticato vivo. Quindi proibì che il flauto fosse suonato in sua presenza. In seguito, un musico di nome Sacada consacrò il flauto ad Apollo, e da allora il dio permise che si suonasse nel corso dei riti pitici a Delfi.
Un altro mito interessante di Apollo, sul tema della divinazione, è quello di Cassandra. La giovane Cassandra, figlia di Priamo re di Troia e della sua sposa Ecuba, era corteggiata dal dio, che le aveva fatto dono della divinazione allo scopo di sedurla, ma quando capì che non avrebbe alle lusinghe, sotto forma di lupo le sputò in bocca, colpendola con una maledizione: nessuno avrebbe creduto alle sue premonizioni. Cassandra entrava in uno stato di trance estatica prima di fare le sue profezie; la famiglia la considerava folle. Quando Paride venne a Troia, ne riconobbe l’identità, ed annunciò il danno che avrebbe fatto, recandosi a Sparta e rapendo Elena (atto che avrebbe portato alla famosa guerra di Troia).
In effetti, Apollo, subì il rifiuto di molte donne: Dafne preferì essere trasformata in albero di lauro piuttosto che diventare la sua amante; la Sibilla Cumana rifiutò le sue proposte e venne condannata a vivere mille anni ma invecchiando; Marpessa quando ebbe la possibilità di scegliere, gli preferì il mortale Ida; quando corteggiò la ninfa Sinope, prima di cedergli lei gli chiese di poter esprimere un desiderio, che lui soddisfò, ma la richiesta fu di rimanere vergine per sempre! Anche i suoi amori con giovani uomini furono altrettanto sfortunati.
Presso gli Etruschi e i Romani era considerato un dio di grande lignaggio. Si manifestava attraverso l’oracolo della grotta di Cuma.
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